Un’economia per lo sviluppo?

Il premio Nobel per l’economia è andato quest’anno ad un filone di ricerca, più che alla ricerca di singole persone: Abhijit Banerjee, Esther Duflo (MIT) e Michael Kremer (Harvard) hanno ricevuto il prestigioso premio “per il loro approccio sperimentale per alleviare la povertà nel mondo”. E’ stato senza dubbio notevole il loro contributo all’economia dello sviluppo, che fino a 30 anni fa era per lo più sinonimo di crescita, specializzazione produttiva, innovazione, con un forte influsso della macroeconomia per l’analisi teorica ed empirica della crescita. Ai vincitori del Nobel si deve lo sviluppo di tecniche empiriche per la valutazione degli interventi degli attori impegnati nella cooperazione internazionale. 

Spostando gradualmente il focus della ricerca da fattori macro- a fattori micro-economici, si è dato sempre più peso al ruolo che hanno avuto, per lo sviluppo, specifici progetti e/o politiche finanziate da donatori nazionali o internazionali e implementate da attori formali (es. Banca Mondiale) o informali (ong). L’idea di partenza del nuovo approccio è che lo sviluppo sia un processo fatto da piccole scelte quotidiane, compiute da piccoli attori (famiglie, adulti, bambini, etc.), che sono spesso favorite/ostacolate dalle opportunità del contesto: accesso ad un’istruzione di qualità, accesso al credito, accesso ad acqua potabile, accesso a cure mediche, etc. 

Sono molti i progetti in cui più o meno ingenti somme di denaro sono stanziate per migliorare aspetti della vita quotidiana di famiglie ed imprenditori nei Paesi in Via di Sviluppo (PVS), come gli esempi di cui sopra. Ma, fino a 30 anni fa, la valutazione della loro efficacia era basata per lo più sul senso comune o su narrazioni positive fatte dagli stessi beneficiari dei progetti. 

Cosa sarebbe accaduto realmente ai beneficiari se il progetto non fosse stato implementato? Quale sarebbe stata, cioè, la situazione “controfattuale”? Quale, ad es., sarebbe stato il livello di salute generale del villaggio se il programma di vaccinazioni non fosse stato diffuso? Per valutare l’efficacia di interventi di questo tipo, il metodo sperimentale, applicato all’economia dello sviluppo dai vincitori del Nobel e poi diffuso in modo capillare a gran parte della comunità scientifica economica, ha certamente dato un contributo significativo sia in termini di ricerca che di policy. 

L’approccio sperimentale si basa, in estrema sintesi, sulla misurazione dell’impatto che un intervento ha avuto sull’obiettivo che si era prefissato. Tale metodo consente di ottenere una stima scevra da “distorsioni”, che possono provenire, solo per citare un esempio, dalla selezione dei beneficiari: il progetto è andato bene perché i beneficiari selezionati erano già “i migliori” del villaggio? 

Questo approccio nasce come estensione dei RCTs (Randomized Control Trials) in medicina ad i progetti di sviluppo: si selezionano ex-ante in modo casuale i beneficiari del progetto e si crea un gruppo di “trattamento”, composto da chi riceverà il progetto (es. il microcredito, il vaccino, il vaucher per iscrivere gratuitamente i figli a scuola, etc.) ed un gruppo di “controllo”, che sarà usato come confronto per mimare lo scenario controfattuale di cui sopra. Confrontando nel tempo la risposta dei partecipanti appartenenti ai due gruppi, è possibile misurare l’impatto causale che il progetto ha avuto sui beneficiari.  

Nonostante i suoi pregi, quest’approccio ha comunque delle criticità. Ad esempio, l’impatto che esso permette di stimare non è generalizzabile: ci dice cosa succede somministrando il progetto ad determinato gruppo di persone, ma non è detto che lo stesso accada in altri contesti. Inoltre, selezionare casualmente prima dell’inizio del progetto chi ne beneficierà e chi no (oppure chi ne beneficierà prima e chi dopo) può creare conflitti in contesti dove le interazioni sono frequenti. Questa metodologia si applica per lo più a progetti ancora da sviluppare, ma non permette di valutare quelli già avviati. Riguardo costi e tempo, una valutazione di impatto di questo tipo è molto costosa dato che richiede grossi investimenti da parte di attori formali ed informali; i risultati però arrivano dopo anni, cioè solo alla fine del progetto. 

Author: Piero

I am Associate Professor of Economics at the Dept. of Economics & Statistics “Cognetti de Martiis” of the Univ. of Turin, and research affiliate at Collegio Carlo Alberto. I studied Political Science at Bachelor’s and Master’s level at the Univ. Federico II in Naples, the lovely city where I grew up and where I’ve learnt how to survive most other places of the world. Then I received the MSc in Development Economics and the PhD in Economic Theory & Institutions at the Univ. of Rome “Tor Vergata”. Although I was trained as an economist my research topics are at the intersection between different social sciences. They include social preferences (e.g. trust, altruism, cooperation), subjective well-being, happiness and development (e.g. microfinance, civil war and natural disasters). I use experimental- and applied-economics methods such as fieldworks, lab-experiments, policy evaluation tools and analysis of survey data. I founded and currently lead CLOSER (Center for LabOratory Simulations and Experimental Research) with the aim of bringing together psychologists, sociologists and economists for a broader understanding of human behavior. I love riding my mountain and road bikes, swimming, traveling, listening to music and playing it with my indie-rock band.

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